La teoria del caos, molto chiara

Giorgio Parisi sabato su Robinson (Repubblica):

I (Intervistatore): “Ma se la complessità del sistema è caratterizzata dal disordine e dalla imprevedibilità, come si può ridurla a una equazione?”

P (Parisi): “Con la meccanica statistica siamo in grado di formulare predizioni probabilistiche. Cioè non si calcola esattamente il comportamento del singolo atomo, che è perlopiù imprevedibile, ma il suo comportamento in relazione ad altre parti del sistema. Come se dicessi: non valuto l’azione del singolo individuo ma ciò che accade in relazione al resto della collettività. Calcolo la probabilità di certi comportamenti collettivi. La cosa straordinaria è che la fisica della complessità ha reso comprensibile campi di ricerca anche molto distanti”.

I: “Si tratta, in ultima analisi, dell’elogio del disordine”.

P: “Complessità e disordine vanno insieme. Il disordine è ciò che permette al sistema di arrivare all’ordine. Un sistema che fosse definito esclusivamente in base all’ordine dovrebbe allarmarci. Sono i sistemi semplici che tendono all’omologazione e l'”omologazione” – se la spostiamo sul piano sociale – conduce a forme di conformismo o peggio ancora di tirannia. La complessità è una risorsa”

Rodariani

Gianni Rodari:

“In principio la Terra era tutta sbagliata, renderla più abitabile fu una bella faticata. Per passare i fiumi non c’erano ponti. Non c’erano sentieri per salire sui monti. Ti volevi sedere? Neanche l’ombra di un panchetto. Cascavi dal sonno? Non esisteva il letto. Per non pungersi i piedi, nè scarpe nè stivali. Se ci vedevi poco non trovavi gli occhiali. Per fare una partita non c’erano palloni: mancava la pentola e il fuoco per cuocere i maccheroni, anzi a guardare bene mancava anche la pasta.

Non c’era nulla di niente. Zero via zero, e basta.

C’erano solo gli uomini con due braccia per lavorare, e agli errori più grossi si potè rimediare. Da correggere, però, ne restano tanti: rimboccatevi le maniche, c’è lavoro per tutti quanti”.

Una vera squadra

Julio Velasco:


“Nel mondo del lavoro delle volte non si rispettano i ruoli e si usa la famosa frase: “Ci perdo più tempo a spiegarlo che a farlo io”. Nello sport questo non esiste. Il tempo giusto, mai sprecato, è quello della spiegazione. E’ quello che definisce, che costituisce, una vera squadra”.

Il minimalismo

Molto interessante, Julio Velasco sul tema dei social:


“Io non sono nè favorevole nè contrario. Non li uso perchè faccio come il computer, che se ha troppe cose dentro poi diventa lento. Molte cose le elimino per essere più veloce per le cose che mi interessano”